I SIGNORI DEL MISTERO

     Molti esseri vivono nell'ultrareale; alcuni di essi a volte vengono tra noi viventi per motivi che non conosciamo. Probabilmente lo fanno senza intenzioni malevole; però a noi fanno paura ugualmente.

 

Le baiattèlle

     Sono creature piccolissime, bimbi morti prima di essere battezzati. Abitano su per i tetti e le grondaie. Non si vedono mai; si sentono solo le loro voci, di notte, specialmente quando imperversano i temporali. Le loro voci si confondono con il vento, gli scrosci d'acqua, i lampi e i tuoni. Bisogna saperle distinguere. Non tutti ci riescono.

 

Glie babbaciéglie

     E' un nanerottolo simpaticissimo: buono, generoso; ma molto dispettoso. Ha l’abitudine di sottrarre a chi ha e regalare a chi non ha. Sicché uno, poniamo, la sera va a dormire a digiuno poiché non ha nulla da mangiare? Niente di più facile che la mattina si ritrovi la madia piena di pane e la pignatta piena di fagioli: glie babbaciéglie durante la notte ha riempito l'una e l'altra. Che simpaticone!

     Una volta, tanti anni fa, glie babbaciéglie abitava alle Casegliostre[1]. Stéva sèmpre che ‘na fressóra ‘mmane a còce stregliòle[2], che poi regalava a chi passava di lì. Ma in che modo le regalava! A uno le regalava mezzo crude, sicché quello doveva andare a finirle di cuocere, per piacere, a qualche casa di Sarachèlla, se c'era il focolare acceso; a un altro le regalava bollenti, dimodoché quello, nel prenderle a mani nude, si scottava e le lasciava cadere per terra; a un altro gliele lanciava addosso. Quest'ultimo era il modo più frequente di regalarle. E capitava spesso che uno, andando soprappenziére, all'improvviso... pah!... riceveva una stregliola sulla schiena, lanciata a tutta forza, e si faceva pure male, poiché le stregliole erano belle grosse. E se si azzardava a dire "Ma come, son modi questi?"... pah!... un'altra stregliola gli arrivava in testa e poi... pah!... un'altra a un fianco e... pah!... un'altra alla pancia... Insomma era una pioggia de stregliòle. Il che era anche una cosa buona per quei tempi in cui c’era tanta fame. Ma a condizione che si accettassero i dispetti deglie babbaciéglie.

    Una volta Mattiucce andò a passare di proposito alle Casegliostre, poiché aveva una gran fame. Passò una volta e non successe nulla; tornò indietro e non successe nulla; ripassò un'altra volta fischiettando e cantando per farsi sentire, e nulla: forse glie babbacièglie dormiva. Allora Mattiucce finse di chiamare qualcuno a voce alta: - Gevà… Peppì... Santù… - e nulla. Sconsolato, stava per tornarsene a casa, quando vide un bimbo sotto un olivo.

     - I che stè a fà, tu jésse?- disse, e raccolse il bimbo, se lo mise in braccio e si avviò verso la Forcella per riconsegnarlo alla mamma. Ma più andava avanti, più il bimbo diventava pesante; ad un certo punto, quasi non ce la faceva più e disse:

     - Vaglió, sié ciche; ma pise, pròjéh!

     - So’ ciche i pése, mbèh! - rispose pronto il bimbo.

     Mattiucce, sorpreso, lo guardò e scoprì che aveva pure la barba e 

     - Oooh, sié ciche i tié pure la barba! - esclamò.

     - So’ ciche i tiénghe pure la babba, mbèh! - rispose quello. Mattiucce si spaventò e lasciò cadere il bimbo per terra. Quello si rialzò di colpo e si mise a correre a gambe levate; e mentre correva, faceva:

    - So’ ciche i pése, mbèh! So’ ciche i tiénche la babba, mbèh! Ah ah ah, ah ah ah... - e rideva, rideva, rideva. 

     Mattiucce per quella volta non ebbe più fame.

 

La pantàsema

     E' l’anima di una donna morta avvelenata, pugnalata, strozzata o impiccata. Torna sul luogo della morte per riassaporare la vita che le fu strappata prematuramente. Arriva in silenzio, la sua figura si staglia nella penombra, avanza ingigantendo progressivamente, sospira lungamente e poi scompare nel nulla. A volte non appare affatto, ma la sua presenza è rivelata dagli oggetti che cadono, dai rumori, da voci e lamenti che si spargono intorno. Alla Forcella, poi, a volte va a coricarsi, non vista, sopra le persone che dormono e piano piano aumenta di peso, aumenta aumenta fin quasi a soffocare chi le sta sotto, il quale può anche “rimanerci” sia per la paura che per il peso che non riesce a sopportare. Qualcuno, poco informato, sostiene che in questo caso non si tratta di pantasima, ma di indigestione, che a volte fa brutti scherzi. Lingua sacrilega!

 

Glie spirde

     Sarebbe la versione maschile della pantàsema. Si tratta di un bambino, un giovane, un adulto o un vecchio morto anch'egli di morte violenta: avvelenato, pugnalato, strozzato o impiccato. Ritorna sul luogo della morte sospinto dal desiderio di rivivere qualche attimo della vita che gli fu tolta anzitempo. Riappare sempre nello stesso luogo: un casolare, un boschetto, una strada solitaria... Fino a quando qualcuno, stanco delle apparizioni, non manda tutto a fuoco: casolare, bosco ecc. Glie spirde, allora, scacciato dal fuoco purificatore, va a stabilirsi poco più in là, ma sempre nei paraggi.

     In quali zone del nostro paese rrèsce glie spirde? In moltissime zone, purtroppo: alla Madonna 'glie Vallóne, aglie Queneciéglie, aglie Puzzefuossematte, aglie Collecupe, agli Irce, alla via 'lla mentagna... Del resto nel corso dei secoli tra guerre, imboscate, esecuzioni sommarie ecc. quante persone sono state uccise nel territorio del nostro comune? Se è vero che per ogni persona uccisa rrèsce glie spirde, eeeh, hè’ voglia, tu, quanta spirde riéscene! Centinaia, migliaia, milioni forse.

     Glie spirde appare in vari modi: sotto forma di luci fioche, di voci e lamenti, di folate di vento o anche di fitte sassaiole. Per fortuna, però, i sassi non colpiscono mai il bersaglio, lo sfiorano solamente: sibilano tra le gambe del passeggero, gli lambiscono i vestiti, gli rasentano la testa. E la paura si spreca, naturalmente.

     Glie spirde appare alle persone sole. Anche se si è in parecchi, è sempre uno solo che lo vede. A meno che questi non tocchi quello che gli sta vicino: con un dito, un gomito, un piede, un bastone... In tal caso quel che vede l'uno, vede anche l’altro. E se quest’altro tocca un altro, anche quell’altro vede glie spirde. E se quell’altro tocca un altro ancora… Insomma la visione si propaga come la corrente elettrica. Purché ci sia un contatto, anche minimo.

 

     Baiattèlle, babbaciéglie, pantàsema i spirde sono esseri innocui, in fondo. Però molte persone si son messe tanta paura, che ci si sono ammalate seriamente, senza poter più guarire; alcune sono anche morte.

 

La stréja (masséra è sàbbate!)

     Questa, a differenza degli altri, è un essere malefico. Vive solo per fare del male. Ora visita questo, ora quello, ora quell'altro. E dove arriva, porta rovina. Agisce di propria iniziativa, ma anche su sollecitazione di persone invidiose, perverse, malevole. Agisce nottetempo, quando tutti dormono. Entra silenziosamente in casa, anche se porte e finestre sono chiuse ermeticamente, poiché è capace di attraversare il legno della porta, il vetro della finestra e perfino le pareti, come se niente fosse. Normalmente, però, entra attravero il buco della serratura, anche se c’è la chiave inserita. Una volta entrata, si avvicina alla persona prescelta, le attacca il male e se ne va, soddisfatta dell’opera compiuta. La vittima a principio non s’accorge di nulla; ma dopo qualche tempo comincia ad avvertire malesseri diffusi e indefinibili, prova paure inspiegabili, soffre di insonnia e inappetenza, viene assalita da tremori improvvisi e febbre a freddo. E non v'è medico che riesca a trovare la cura adatta, poiché nessuno conosce la causa del male; sicché il malcapitato quasi sempre si aggrava e poi muore.

     Con un po’ d’attenzione si può rintracciare il passagio della malefica: basta guardare attentamente tra le lenzuola del letto, sotto il cuscino, dentro i materassi, nei cassetti del comò, nella culla del bimbo... Se si rinvengono trecce di capelli, nodi di lana, grovigli di filo e cose simili, è segno inequivocabile che è passata la stréja.

     Come possiamo difenderci dalla stréja? Non esiste un rimedio sicuro. Però possiamo tentare con una scopa di saggina o un sacchetto di miglio messi dietro la porta di casa. La scopa si appoggia alla porta; il sacchetto si appende con un chiodo. La stréja, entrando, viene attratta o dall’una o dall’altro e, anziché andare a fare quello che deve fare, si mette a contare i fili di paglia della scopa o, se è attratta dal sacchetto, i chicchi di miglio, così il tempo passa, si fa giorno e la malvagia è costretta a tornarsene nella sua dimora senza avere avuto il tempo di agire. Poiché la strega non agisce mai alla luce del giorno. Non si sa perché; però così è.

     Un consiglio importante: se, putacaso, ti capitasse di pronunciare la parola "stréja", pronuncia immediatamente anche la formula "masséra è sàbbate", ché ciò ti basta a tenere lontana la strega. Io l’ho sempre fatto e mi son trovato bene.

 

Glie Diàvere o Feglitte o Chiglie rescite (daglie ‘Nfiérne)

     Questo proviene dalle fiamme eterne, dove si trova a scontare le pene dei peccati commessi contro la volontà di Dio. Come si sa, ogni tanto viene tra a noi a combinarne qualcuna delle sue. Noi, però, non dobbiamo temerlo troppo, poiché esso, oltre che con il fuoco eterno, ha da fare i conti con la religione e perciò ci pensa il prete a tenerlo lontano. Meno male! Un’altra preoccupazione in meno.

 

        

Glie gliupe menàre    

      Quest'uomo…, poiché di un uomo si tratta, uno di quegli uomini apparentemente normali che incontriamo abitualmente per strada, al bar, al negozio e con il quale scambiamo saluti, chiacchiere e confidenze... Quest'uomo, dunque, apparentemente normale, nelle notti di luna piena si trasforma: diventa orso, lupo, giovenco, cane, capra, serpente, un animale qualsiasi insomma. Esce di casa e va ad avvoltolarsi in qualche luogo solitario, specialmente nei pressi di una fontana dove una volta le nostre nonne gettavano la cenere della vecata. Lì si avvoltola, si divincola, s’allunga, s’accorcia, si contorce ed urla in preda ad indicibili sofferenze. Dopo qualche tempo rinviene, riassume le sembianze umane e se ne torna a casa spossato, esangue, quasi irriconoscibile.

     Un mio amico carrettiere, in una notte di luna piena, passava alla Prefica con il suo carretto. All’improvviso il cavallo si fermò, puntò i piedi e non volle più andare avanti. 

     - Aaah!… Arr'ah!… Aaah! – faceva il mio amico.

     Ma niente da fare: la bestia non si spostava. Allora il mio amico scese dal carretto per tirare il cavallo per la cavezza, quando poco più avanti, in mezzo alla strada, scorse un serpente che si mise a fischiare, a saltare e a contorcersi come un'anguilla presa all'amo. Il mio amico, che aveva fretta di tornare a casa, prese la frusta e con questa cercò di scacciare il serpente; ma lo colpì alla coda e gliela spuntò. Il serpente sibilò più forte, come se volesse gridare, e scomparve nell'oscurità. Il giorno dopo, in paese, un tizio andava in giro con un dito mozzato; non volle mai dire dove se l'era mozzato; ma il mio amico carrettiere lo sapeva, però.

 

     Un’altra volta un marito, sentendosi vicino alla trasformazione, disse alla moglie:

     - Io esco di casa, ché ho una cosa urgente da sbrigare. Tu, finché non torno io, chiuditi dentro e non aprire a nessuno, per nessun motivo. - e se ne andò.

     Dopo un po’ la moglie sentì qualcuno bussare alla porta; ma non andò ad aprire. Quello continuò a bussare; ma la donna non andò ad aprire. Allora quello cominciò a graffiare alla porta, a dare pugni e a lamentarsi. La donna, preoccupata, si affacciò alla finestra per scacciare l'importuno; invece vide che era un cane che si rotolava per terra con la schiuma alla bocca. Cercò di mandarlo via con la voce:

     - Passe! Vatténn'alle pèquera! Passe loche! - gridò; ma quello non se ne dava per inteso. Allora cercò qualcosa da lanciargli appresso; ma non avendo altro a portata di mano, gli lanciò una ciocia. Il cane l'afferrò al volo e se ne andò mordendola rabbiosamente.

     Poco dopo il marito rientrò in casa e andò a dormire. La mattina dopo, guardandolo, la moglie vide che aveva, impigliata tra i denti, una stringa di ciocia.

 

Gli ammaluócchie

     Un mal di testa ti perseguita? I figli ti fanno arrabbiare? Te va tutt’alla revèrza? Di sicuro c'è di mezzo il malocchio. Qualcuno te l'ha attaccato, qualcuno che ti vuole male o che t'invidia. Non devi preoccuparti, però. Il rimedio c'è ed è anche efficace. Basta andare da una donna esperta (non mi pare che ci siano uomini capaci di operare in questo campo) e ti fai ‘ncantà. La donna, come ti vede, fa cadere alcuni chicchi di grano in un catino pieno d'acqua e comincia a bisbigliare:

     - Sce-pe sce-pe sce-pe… patre, figlie, spirdesante… sce-pe sce-pe sce-pe... Aneme sante, àneme purgante, am am am!…Sce-pe sce-pe sce-pe… - e ti fa il segno della croce in testa, ti tocca la fronte, il mento, il naso, qualche altra parte del corpo. Poi, quando ti ha toccato ben bene, sempre bisbigliando cose incomprensibili,

     - Ecche qua! – ti dice - Le vide ‘ste rane[3] che va a galla? Era gli ammaluócchie; mó prò te glie so’ levate.

     Tu te ne vai guarito e tranquillo. Se poi hai qualche scrupolo, vai da un'altra esperta. Quella nell'acqua, anziché il grano, fa cadere alcune gocce d'olio e recita come la prima, cioè in modo incomprensibile, poiché neanche questa fa capire quello che dice:

     - Sce-pe sce-pe sce-pe... quattritrésètte... quattriquattrotte… Sce-pe sce-pe sce-pe.. oraproè, oraproè... - E dopo averti toccato e segnato ben bene come quell’altra,

     - Ecche qua! – ti dice - Le vide ‘st'uóglie che va ‘ncima ‘ncima all'acqua cómm'a ‘ne panne? E’ gl’ammaluócchie. Prò mó te glie so’ levate, eh.

   Gli ammaluócchie, però, sarebbe bene prevenirlo. Poiché si può. Ad esempio applicando un corno o un ferro di cavallo alla porta di casa, in macchina, nel recinto del giardino; portando in tasca, nel portafogli o altrove una pezzuola benedetta, un'immaginetta sacra, un talismano; mettendo un calzino a dritto e uno a rovescio; cominciando a mangiare con la mano destra e terminando con la sinistra (o viceversa)... Tanti sono i mezzi per prevenire il malocchio: basta saperne scegliere uno. Una mia amica, ad es., mette le mutande a rovescio e così (dice lei) il malocchio è servito.

 

Un consiglio alle mamme che hanno figli piccoli

     A volte ti si presentano in casa delle persone estranee: zingari, venditori ambulanti, vecchi... Persone apparentemente innocue. Non fidartene. Potrebbero essere persone malvage, venute apposta per fare la strejatura ai bambini piccoli. Gli succhiano il sangue dietro le reni, dove rimane il segno. I bambini poi dimagriscono a vista d'occhio, s'ammalano e potrebbero anche morire.

     In casa le mamme avvedute non ricevono mai persone estranee. A costo di apparire scortesi, liquidano gli intrusi in quattro e quattr'otto, mandandoli via senza farli entrare. Maleducazione? No, solo precauzione.

     Naturalmente non tutti credono alla strejatura. Il mio medico di fiducia, ad es., dice che sono tutte sciocchezze. Tempo addietro gli si presentò una giovane mamma con un bambino in braccio, il quale non mangiava, piangeva in continuazione, dimagriva giorno dopo giorno.

     - Colpa della strejatura! - disse la mamma.

     - Che? - domandò il medico.

     - Colpa della strejatura! - ripetè la giovane mamma.

     - Ma no! - disse il medico - Il fatto è che tu sei di nuovo incinta ed il tuo latte non è buono per il bambino.

     La giovane mamma non credette al medico e, giustamente, si rivolse ad una fattucchiera per far guarire il figlioletto.

     Non so come finì la cosa. Ma probabilmente il bimbo continuò a dimagrire e a piangere per diversi mesi ancora.

 

Un ricordo d’infanzia

     - Za[4] Francé! - mia madre chiamò.

     - Gnoooh! - rispose quella.

     - A ‘ste vaglióne ce ‘ncènne sèmpre glie cape. Ce glie puó ‘ncantà, pe piacére?

     - Scìne, a mamma sia[5]. 'Ntrate 'ntrà!

     Entrammo. Za Francésca mi pose le mani in testa, mi guardò negli occhi, mi fece un segno di croce in fronte, un altro in testa, un altro sul mento; poi prese alcuni chicchi di grano e li fece cadere in un catino pieno d'acqua: alcuni affondarono, altri rimasero a galla:

     - Sce-pe sce-pe sce-pe, sce-pe sce-pe sce-pe... Sció sció... Sce-pe sce-pe sce-pe.. Ecche qua. Ve ne petéte ì ‘ngrazia de Di’, mó, ca gli ammaluócchie nen ce sta cchiù. - concluse za Francesca.

     Io mi rinfrancai: la frutta acerba che andavo mangiando nei campi non c'entrava con il mio mal di testa, e dunque potevo continuare a mangiarne a volontà.



[1] Zona a sud-ovest di Forcella

[2] Pizzette di farina di grano o mais, fritte in olio abbondante.

[3] Grano

[4] Zia. Alle persone più anziane, per mostrar loro rispetto, si dà sempre il titolo di zio o zia.

[5]Sì, a mamma tua” equivalente a “ Sì, figlia mia”.