VOCABOLARIO MINIMO

 

Le abbreviazioni che seguono, sono uguali a quelle di tutti i vocabolari (accr. = accrescitivo, agg. = aggettivo, avv. = avverbio ecc.).

 

NOTA

 

Anche il dialetto pescosolidano, ovviamente, è soggetto a variazioni dovute allo scorrere del tempo. Molti termini (come ad es. pescrè, pescrigne, peglieuóne o ueglieuóne, a neviéglia, ‘na mórra, querdische o uerdische, fèle spiérze ecc.) sono scomparsi. Viceversa altri sono entrati nel linguaggio comune: pentecellita (penicillina), gliùccera (ulcera), lèttreca (elettricità), fòne (asciugacapelli elettrico), marchétte (contributi lavorativi per la previdenza), quecina a gas (fornello a gas), ragge o aragge (radioscopia o radiografia), térmosifóne ecc. ecc.

Oggi il dialetto in paese viene parlato da pochissime persone (quelle più anziane) ed è sicuramente un dialetto molto annacquato, cioè influenzato massicciamente da elementi estranei (italiano, inglese, romano ecc.). Qui vengono riportati i termini usati oggi da queste persone più anziane. Niente di strano, quindi, se a volte si riscontrano differenze più o meno profonde con i termini usati, poniamo, 50 o 100 anni fà.

Il dialetto spesso va soggetto a variazioni e aggiustamenti dettati dalle circostanze o dall'estro del momento. Può capitare, ad es., che l’appetito, anche se eccessivo, venga definito semplicemente appetìte in un bambino o animale domestico che deve crescere, e lébbra o ‘nquèstia in una persona normale, che, non dovendo più crescere, non ha bisogno di mangiare assai. La paralisi e la tubercolosi a volte vengono definiti rispettivamente ’na bettarèlla e chélle brutte male, quasi a volerne attenuare gli effetti devastanti. L’improvvisazione, poi, è la caratteristica costante del dialetto. Parole e frasi a volte vengono inventate sulla scia di suoni, rumori e situazioni particolari.

L'uso dei verbi è piuttosto complesso. Mancano diversi tempi e voci, come il futuro (che viene sostituito dall'indicativo presente o dal passato prossimo: Addemàne te scrive; Duóppe che sò ite a Campre, vaglie a Sora), il participio presente, il gerundio passato, la prima e la seconda persona plurale del condizionale presente (che vengono sostituite dal congiuntivo imperfetto).

Il congiuntivo presente viene usato in rarissimi casi, probabilmente mutuati dalla lingua italiana, questi: Di’ te benedìca, (Che) Di’ t'acchempagna, Tarda i viénga bbona, Vaglia ‘nnóre de Di’, Che te puózze (o se pòzza, ve pezzate, se pòzzane) ‘nquastì, sprefennà, cecà, arrabbià ecc.

L’ausiliare dei verbi è uno solo, èsse (essere): Ie so’ ditte, nu siéme fatte ecc. Avere è usato rarissimamente (Aglie paure; hè’ voglia, tu!; ève prèscia) e, se serve, viene sostituito da tené (tenere).

Parlando tra bambini, poi, la situazione immaginaria viene rappresentata mediante l'uso dell'imperfetto: I puó pare ca ie facéva la mamma i tu facive la figlia i iavvame a fà la spésa i ‘nquentravvame la chemmare...